(di Paul Jorion, 19-20 marzo 2012, l’originale in francese è qui)
Esattamente cinque anni dopo lo scatenarsi della crisi dei subprimes nel febbraio del 2007, lo swap (“scambio”) del debito greco, chiamato PSI (“Private Sector Involvement”), costituisce una prima vittoria degli Stati sui mercati, su quei mercati cioè di cui E.F. Schumacher – l’autore di “Small is Beautiful” (1973), uno degli iniziatori del movimento ecologista e ispiratore del progetto di riforma del sistema monetario mondiale presentato da Keynes nel 1944 a Bretton Woods – affermava che erano l’istituzionalizzazione dell’individualismo e dell’irresponsabilità.
Lo swap del debito greco è, giova ricordarlo, uno scambio, fatto dai prestatori privati, di prestiti greci esistenti con prestiti nuovi, sulla base dello scambio di un euro di antico debito con 46,5 centesimi di debito nuovo. L’abbassamento di valutazione del 53,5% equivale ad una perdita secca di 107 miliardi di euro per questi prestatori. Affinché il PSI entrasse in vigore c’era peró bisogno che 90% degli interessati dessero il loro accordo; la sera del 9 marzo un livello di 85,5% era stato raggiunto, che superava dunque quello, giudicato già accettabile, dei 75%.
I tassi del nuovo debito nel PSI integrano la garanzia offerta dalla zona euro, nel suo insieme, allo Stato greco, ma non i tassi stravaganti suggeriti dall’ammontare del premio dei CDS (“Credit Default Swaps”, prodotti di pseudo-assicurazione sul fallimento di un mutuatario) sul mercato speculativo.
I prestatori penseranno sicuramente che si tratta di un abbassamento supplementare della valutazione.
E chi potrebbe dar loro torto, in effetti, se il loro quadro di riferimento resta quello che il lassismo degli stati ha permesso di installarsi fin dall’inizio della crisi? La formula “privatizzazione dei profitti / socializzazione delle perdite” permetteva in effetti che coesistessero, sul debito sovrano, da una parte dei tassi speculativi stravaganti presunti riflettere il rischio corso dai prestatori, e dall’altra una garanzia offerta de facto dagli Stati, che trasformava il premio di rischio implicito nei tassi speculativi … in una semplice rendita per il prestatore.
Sono due, così, i principi finalmente riconosciuti: in primo luogo, che il default sul debito (cioè il mancato versamento degli interessi e/o il mancato rimborso del principale) è un’eventualità che puó essere presa in considerazione, e che la cedola associata agli strumenti di debito contiene di fatto un premio al rischio che tiene conto di questa eventualità; in secondo luogo, che il premio sul rischio implicito nel montante del premio dei CDS sul debito sovrano è speculativo, e dunque non costituisce un vero e proprio indicatore del rischio di default.
La collera della presidentessa del Medef (cioè della Confindustria francese), Laurence Parisot, nell’agosto del 2011, era stata provocata dall’ignoranza – da parte dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale) – di questo secondo principio, poiché l’FMI, prendendo alla lettera una supposta onniscienza dei mercati, aveva valutato il rischio di default dei diversi Stati a partire dal montante del premio dei CDS…
Il riconoscimento, attraverso il PSI, del principio secondo il quale il debito contiene un premio su un rischio che eventualmente puó concretizzarsi costituisce una vittoria degli Stati sui mercati; il riconoscimento della natura speculativa del montante del premio dei CDS è, lui, al tempo stesso una vittoria sui mercati e la confutazione di un dogma della teoria economica: quello della pretesa oggettività del prezzo rispetto al rischio di credito.
Nel caso della Grecia, perlomeno, il PSI è riuscito a neutralizzare il mercato speculativo sul debito sovrano. La caduta dei grandi imperi sancisce la vittoria degli interessi particolari sull’interesse generale. A questo livello lo swap greco avrà permesso di dare una battuta di arresto allo sfaldamento della zona euro; l’avvenire ci dirà se si trattava solo di una vittoria di Pirro.
(tradotto dal francese da Alessio Moretti)
Et même d’une tranche de citron.